lunedì 11 giugno 2007

Contaminazione

Raccontarsi, narrare qualcosa di sé è ardua impresa, se si vuole essere onesti con gli altri e, prima ancora, con noi stessi. Difficilmente qualcuno riesce a compiere una simile impresa.

Il maggiore oracolo della Grecia antica, quello di Delfi, aveva un "proprio motto": Γνωθι Σεαυτόν (dovrebbe pronunciarsi GNOSI SEAUTON, con la 'G' dura, ma i grecisti tra voi avranno il buon cuore di correggermi), ossia 'conosci te stesso'. Sono passate migliaia di anni, ma ancora l'essere umano è in difficoltà di fronte al proprio 'io' e alle conseguenze che esso provoca.

Ognuno di noi indossa una maschera, per quanto piccola, con cui pretende di giustificare la propria diversità dagli altri.

Per questo fece scalpore, al tempo, l'opera di E. L. Masters, il quale pubblicò - su un quotidiano statunitense - quella che sarebbe poi divenuta l'Antologia di Spoon River. L'autore prese spunto da persone a lui note e ne descrisse in forma di epitaffio il fulcro esistenziale con una poetica scarna molto efficace. Tanto che alcune di esse, quelle ancora in vita, si riconobbero e si risentirono del fatto di esser state messe a nudo così brutalmente.

Chi ha letto L'Antologia (sdoganata in Italia durante il ventennio littorio grazie ad una inconsapevole Fernanda Pivano e ad un accorto e astuto Cesare Pavese) conosce la poesia di quelle crude descrizioni. Chi non la conosce e non se la sente di leggerla ascolti l'album NON AL DENARO, NON ALL'AMORE NE' AL CIELO del compianto De Andrè, che da essa è ispirato; il disco originale è del '71.

Ottimo, secondo me, l'omaggio di Morgan, che l'ha rifatto nel 2005.

La canzone di oggi è speciale. E' solo una ma vi esorto ad ascoltarle tutte. Questa parla di una persona che, non avendo maschere, ne avrebbe voluta una. E anche di un paese di maschere che... Beh fate voi. Si intitola

UN MATTO (DIETRO OGNI SCEMO C'E' UN VILLAGGIO)

Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro.

E sì, anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz'ora basta un libro di storia,
io cercai di imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto.

E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l'ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c'è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole.

Le mie ossa regalano ancora alla vita:
le regalano ancora erba fiorita.
Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina
di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;
di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia
"Una morte pietosa lo strappò alla pazzia".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Franz, ho cercato a lungo un testo che potesse avere una corrispondenza con quanto hai cercato di esprimere. Loro sono i Massimo Volume e la canzone è Meglio di uno specchio. Da interpretare.

Ho visto un film, era ieri, ho pensato a te
A Torino passeggiavamo
Tra i negozi del centro tu mi hai detto
'Ho passato vent'anni ignorando di avere un corpo
Poi è stato come se un auto entrasse a 180 all'ora
dentro una di queste vetrine'
C'è un uomo, è a letto con una donna
Lui è disteso, lei è sopra di lui
Lei dice
'Con chi sei stato stanotte, con una nuova?'
Sembra una camera d'albergo, la luce è rossa
Fuori si accendono e spengono
le insegne al neon di una grande città
'Voglio essere il tuo specchio'
'Voglio essere il tuo specchio', lei dice
e apre la borsetta da cui tira fuori uno specchietto per il trucco
Se lo mette di fronte
e mentre fa passare lo specchio sul corpo di lui
lo specchio riflette la sua immagine
'Questa è la tua faccia', dice
'Questo è il tuo petto', dice
'Visto?
Non sono meglio di uno specchio?'