giovedì 29 novembre 2007

6 x 9

Soluzione: 6 x 9 = piùdiquarantatremiliardidimiliardi. Dicesi cifra a 18 zeri. Scrivesi X>43.000.000.000.000.000.000.

Non credo sia giusto complicare molto il discorso che intendo fare; credo sia però giusto soddisfare il mio ego e dar sfoggio, almeno in una piccola misura, di futile nozionismo (già, mi accontento di poco, son fatto così…). Patientiagite, gentes, patientiagite…

Lo spunto di riflessione di oggi è costituito da un oggetto, ideato negli anni ’70 da un ungherese; detto “coso” era destinato agli scienziati matematici, in quanto offriva ottime possibilità di studio statistico (già da questo dovreste aver capito che la semplice moltiplicazione proposta come titolo non deve, non può essere così semplice). Tuttavia, un articolo scientifico di uno scienziato, pubblicato su una rivista scientifica, e letto da uno che scienziato non era, ha fatto conoscere alla gente “comune” l’infernale tetragono scientifico. Che è divenuto uno dei passatempi più noti al mondo, quasi quasi il rompicapo per antonomasia. Come sminuire rapidamente la seria attività di accademici scienziati nell’esercizio del loro ufficio o servizio, giochicchiando con tutto. Newton non faceva mica giocoleria, con le mele! Infatti, quando il pomo gli è piombato sul capo, stava pensando ad altro che alla legge di gravità!
E ci pensava seriamente!
Detto per inciso, l’ideatore dell’aggeggio c’ha guadagnato tanto da fare schifo; sì, anche al netto del cambio Fiorino Ungherese/Lire Italiane/€uro.
Nessuno l’ha ancora indovinato!?! Sì!?! Si tratta del famigerato “Cubo Magico”, alias “Cubo di Rubik”: nella versione classica ha 6 facce, con 9 caselle colorate per faccia, da cui possono generarsi, appunto, oltre 43 miliardi di miliardi di combinazioni. Quando ogni faccia ha un solo colore, quella – ironia della sorte – è la combinazione giusta.

Non so perché, ma mi riesce spontaneo pensare che quell’unica dannata combinazione sia quella giusta solo per convenzione. Cioè, forse lo so, il perché: dopo alcune migliaia di tentativi, c’ho rinunciato; accampo come scusa il fatto che avevo tra i 7 e i 9 anni. Comunque sia, il punto non è questo.
Il punto è che quel diabolico variopinto agglomerato plastico può costituire una simpatica metafora dell’esistenza umana.
La quale non ha però soluzioni.
Vado ad esemplificare: all’interno di un ambito socioculturale (rappresentato dal cubo), la persona (ogni singola faccia) è valutata per la coerenza interna in ogni suo aspetto (ogni casella della faccia). Più caselle sono "dello stesso colore", più quella persona è considerata coerente nel proprio essere.
O ancora, la società (ogni faccia del cubo) è tanto più in armonia, quanto più le persone che la compongono (le caselle) sono “sulla stessa lunghezza d’onda”.

Questi sono modi di pensare ‘politically correct’, che un tantino serpeggiano nella massa.
Ma non mi piacciono. Non è detto, ad esempio, che si debba essere sempre coerenti con sé stessi. Potrebbe essere dannoso. Leggasi Hitler, Mein Kampf. Detto, fatto.
Né è detto che tra noi e le persone che ci stanno accanto ci debba essere totale ed assoluta concordanza di vedute-idee-pensieri-emozioni-stati d’animo-etcetcetc. Si annullerebbe (sic) la riflessione, la fantasia, la creatività.

Lo so, sono due estremi. Ma la vita è flusso, scorrimento, cambiamento, disomogeneità. È anche stupore, sgomento, sofferenza, paura. È anche gioia, serenità, felicità, amore. È una ricetta che comprende tutti questi ingredienti. C’è anche il sesso, che è come il peperoncino: a chi piace, fin quanto gli piace.
Prendo a prestito due aforismi (non indicherò gli autori; non li conosco o li ometto e basta?!).
La vita è quello che ti succede mentre sei intento in altri progetti.
La forza non sta nel non cadere mai, ma nel riuscire a rialzarsi dopo ogni caduta.

Insomma, nella vita l’imprevisto c’è (e non è sempre positivo. Ma che questo resti un segreto…) ed è quella dannata casella che continuta ad avere quel dannato colore diverso rispetto alle altre. E che ti costringe ad una dura scelta:
1. riscombini tutto quanto per risistemare la casella indisciplinata, col rischio che lei capisca l’antifona ma tutte le altre decidano di non obbedire più;
2. accetti che quella casella resti lì dov’è, diversa da quelle che la circondano. E magari, col tempo ti accorgi che è proprio lì che quella casella deve stare.
C’è anche una terza scelta volendo: lasciare il cubo totalmente scombinato, addirittura trovare la “scombinazione” più gradita, accettando ed anzi apprezzando che le diversità sussistano e si armonizzino. È una terza possibilità che suggerisco a quanti sono in vena di emozioni (non necessariamente forti), a quanti gradiscono un tantinello di brio, a quanti riescono ad accostare – trovando l’abbinamento perfino bello – Keith Haring e Antonello da Messina, Pollock e Beato Angelico. Insomma, a quanti vogliono Vivere. Per gli altri c’è Marzullo (senza rancore, Gigi).

Ultime note: sono rinvenibili on-line parecchi metodi per risolvere il rompicapo; da qualche parte in UK stanno verificando (scienziati matematici, pfui!) il numero minimo di mosse per uniformare le facce (una quarantina); esiste un campionato mondiale di Cubo di Rubik, dove la gente si sfida a comporlo in tempi brevissimi (pare 30-40 secondi con l’uso delle mani; tuttavia, si sfidano anche utilizzando varie altre parti del corpo).

Lo spot di una recente vettura di Italica produzione era interpretata da un grande attore a stelle e strisce, Geremy Irons; il messaggio che passava, avulso dal contesto pubblicitario, è molto intelligente, a mio parere. Recitava all’incirca così: non è importante dove vai, ma come ci arrivi. Parafrasi: la parte più importante del viaggio non è la destinazione, ma il percorso.
Insomma, se so come risolvere il cubo, con quante mosse e magari in quanto tempo… perché devo mettermi a risolverlo, che senso ha?!

Forse non sarà chiaro il perché della canzone scelta; forse, invece, sarà chiaro, chiarissimo. Dico solo, concludendo, che quello che succede tra la partenza e l'arrivo è da gustare. Anche quando è amaro (cioccolato fondente extra bitter 99% cacao).

Battisti Lucio (Poggio Bustone 5 marzo 1943 – Milano, 9 settembre 1998), cantautore Italiano dalla fine degli anni '60 alla fine dei '90 (dall'86 ha collaborato con Panella); ha segnato un'epoca, oltre che un paio di generazioni. La sua non era una voce 'bella'. Però era ed è inconfondibile.

Era il 1977. Una sorta di Easy Riders reloaded.

Sì, viaggiare

Quel gran genio del mio amico
lui saprebbe cosa fare,
lui saprebbe come aggiustare
con un cacciavite in mano fa miracoli.

Ti regolerebbe il minimo
alzandolo un po'
e non picchieresti in testa
così forte no
e potresti ripartire certamente non volare
ma viaggiare.

Sì viaggiare
evitando le buche più dure,
senza per questo cadere nelle tue paure
gentilmente senza fumo con amore
dolcemente viaggiare
rallentando per poi accelerare
con un ritmo fluente di vita nel cuore
gentilmente senza strappi al motore.

E tornare a viaggiare
e di notte con i fari illuminare
chiaramente la strada per saper dove andare.
Con coraggio gentilmente, gentilmente
dolcemente viaggiare.

Quel gran genio del mio amico,
con le mani sporche d'olio
capirebbe molto meglio;
meglio certo di buttare, riparare.

Pulirebbe forse il filtro
soffiandoci un po'
scinderesti poi la gente
quella chiara dalla no
e potresti ripartire
certamente non volare
ma viaggiare.

Si viaggiare…