martedì 17 luglio 2007

La scuola di Atene

In Vaticano ci sono opere d'arte eccellenti, superbe sotto molteplici punti di vista. L'unica (se ci riferiamo alle arti classiche e non consideriamo il cinema) che in qualche modo non è direttamente ed esplicitamente presente è la musica, la quale, dato il suo necessario dinamismo, non è proponibile con costanza. Quel piccolo angolo è tutto un florilegio di strutture, giardini, dipinti, statue, gioielli non solo d'oreficeria.
Vi sono alcune sale, quelle dette "di Raffaello", magnificamente affrescate. Una di queste si chiama "La scuola di Atene", appunto. L'artista (che ha dipinto il suo faccino quale firma in angolo basso a sinistra, in abito e copricapo nero, mentre guarda l'osservatore) ha lì rappresentato un 'ateneo', un luogo dov'era possibile imparare tutto lo scibile umano allora conosciuto. E' riconoscibile un omaggio anche a Michelangelo, che nello stesso tempo stava lavorando qualche metro e qualche muro più in là (è raffigurato seduto pressoché al centro, poggiato su un cubo di marmo e rappresenta il filosofo Eraclito).

Al centro vero e proprio si trovano i due campioni filosofici pre-cristiani, due che non avevano conosciuto la buona novella ma (chissà, avranno avuto più culo che anima... Scusate il francesismo...) la cui filosofia calzava perfettamente - se sapientemente mixata - con l'insegnamento evangelico: si tratta di Platone ed Aristotele.
Il primo è il barbuto signore anziano che imperiosamente indica il cielo, l'"iperuranio", il mondo metafisico delle 'idee', in particolare dell'idea suprema. Il secondo è, ovviamente, quello giovane, che sembra placare l'imperiosità del maestro con il gesto della mano; l'interpretazione tradizionale vuole invece che il buon Aristotele indichi la terra e dunque il concetto di immanenza e concretezza delle cose, quasi un proto-empirico galileano.

Mi piace pensare che queste due figure stiano ad indicare i due lati dell'essere umano, tanto capace di raziocinio, fantasia e poesia, quanto in grado di atti che Nightmare nemmeno nei suoi incubi peggiori né con i suoi istinti più bassi.
L'individualità composta dai due sommi filosofi è compatta, sicura, perfino maestosa, tanto che la stessa impostazione prospettica parte da lì, quasi a dire che tutto si regge su loro. Il trionfo dell'individualità e che individualità: il giusto bilanciamento di cuore e cervello, istinto e ragione; un individuo completo, insomma. Non qualcuno che non sbaglia mai, ma un soggetto che dai propri errori sa trarre i giusti insegnamenti. Non uno che non si lascia mai andare, ma uno che sa quando e come permetterselo.
L'equilibrio di ragione e follia.

Vasco, nel suo brano Sally, lo dice in modo splendido: "perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia". Può capitare di perdere l'equilibrio. Ma ci si deve rendere conto di averlo perduto e si deve cercare di recuperare la posizione. Razionalizzare troppo è fuorviante quanto non razionalizzare affatto.
La scuola di Atene mi fa pensare quasi subito, per una strana associazione di idee, a G. Flaubert ed al suo capolavoro, Madame Bovary. La protagonista è un donnino che, grazie al matrimonio con un medico, riesce ad uscire dalla propria condizione di popolana contadinotta per entrare nella media borghesia francese. Il cambio di condizione sociale non è sufficiente a soddisfare i desideri della signora, che sogna un suo mondo ideale di romanticismo e poesia e bei sentimenti. Il sogno però non riesce a combaciare con la realtà. Allora M.me Bovary si sforza di inseguire, perseguire la strada del sogno, tralasciando totalmente - per quanto può - la realtà in cui si trova, almeno fino a quando la stessa realtà non è così pressante da imporsi. La nostra eroina allora si risolve nell'ultimo rifiuto di essa e si toglie la vita.

Questo modo di vivere non è solo un'invenzione di Flaubert. Questi infatti si era ispirato ad una vicenda reale, quella di Delphine Delamare. Questa aveva suscitato scandalo in un borgo della Normandia, per le sue manie di grandezza, le spese eccessive e la voracità nel leggere romanzi, infine si era suicidata, perchè travolta dai debiti.
M.me Delamare non è stata l'unica a vivere così ed anzi sono molti quelli che non mediano in sé stessi tra sogno e realtà.
L'eroina di Flaubert sceglie una realtà fittizia che le da maggiore gratificazione. Barbey D'Aurevilly ha pertanto coniato (già da subito dopo la pubblicazione del romanzo) il termine "bovarismo" ad indicare l'attitudine degli esseri umani a credersi e a vedere le cose diversamente da quelle che sono, a sognare delle felicità irrealizzabili, irraggiungibili. Queste persone non hanno in sé nessun Aristotele che li riporti alla realtà e credo che, se lo avessero, non lo ascolterebbero comunque.

Per quanto ne so, vivere è difficile per tutti, più o meno. Lo dico con gli Eagles: take it easy.
E chiudo con la solita canzone, che porta relax e consiglio.
Lei è Des'ree, cantante inglese che ha avuto qualche successo negli anni '90 in Italia. Nel '93 ha duettato con Terence Trent D'Arby nel brano "Delicate". L'anno dopo ha pubblicato questo bel pezzo.
Luci soffuse, musica soft e un cuscino sotto la testa. Chi gradisce può anche addormentarsi durante l'ascolto (qualora - bontà sua - non l'abbia già fatto prima...).

You Gotta Be

Listen as your day unfolds
Challenge what the future holds
Try and keep your head up to the sky
Lovers, they may cause you tears
Go ahead release your fears
Stand up and be counted
Don't be ashamed to cry

You gotta be...
You gotta be bad, you gotta be bold, you gotta be wiser
You gotta be hard, you gotta be tough, you gotta be stronger
You gotta be cool, you gotta be calm, you gotta stay together
All I know, all I know, love will save the day

Herald what your mother said
Read the books your father read
Try to solve the puzzles in your own sweet time
Some may have more cash than you
Others take a different view
My oh my, yea, eh, eh

You gotta be bad, you gotta be bold, you gotta be wiser
You gotta be hard, you gotta be tough, you gotta be stronger
You gotta be cool, you gotta be calm, you gotta stay together
All I know, all I know, love will save the day

Time ask no questions, it goes on without you
Leaving you behind if you can't stand the pace
The world keeps on spinning can't stop it, if you tried to
This best part is danger staring you in the face

Listen as your day unfolds
Challenge what the future holds
Try and keep your head up to the sky
Lovers, they may cause you tears
Go ahead release your fears
My oh my, eh, eh, eh

You gotta be bad, you gotta be bold, you gotta be wiser
You gotta be hard, you gotta be tough, you gotta be stronger
You gotta be cool, you gotta be calm, you gotta stay together
All I know, all I know, love will save the day
Yea, yea, yea

You gotta be bad, you gotta be bold, you gotta be wiser
You gotta be hard, you gotta be tough, you gotta be stronger
You gotta be cool, you gotta be calm, you gotta stay together
All I know, all I know, love will save the day
Yea yea

Got to be bold
Got to be bad
Got to be wise
Do what others say
Got to be hard
Not too too hard
All I know is love will save the day
You gotta be bad, you gotta be bold, you gotta be wiser
You gotta be hard, you gotta be tough, you gotta be stronger
You gotta be cool, you gotta be calm, you gotta stay together

lunedì 16 luglio 2007

Seven

No, non è un riferimento alla nota marca di zaini scolastici "un sacco diversi".
Il riferimento immediato è al film di David Fincher del 1995, con un bel cast (Brad Pitt, Morgan Freeman, Gwyneth Paltrow ed uno straordinario Kevin Spacey prossimo all'oscar, nel '99). Il film narra una vicenda complessa, che si sviluppa attorno alla follia di un serial killer di particolare crudeltà e bigottismo, il quale si crede mandato dal Signore allo scopo di mostrare all'umanità i propri errori, costituiti dai sette peccati capitali. Il killer (chiamato John Doe, come a dire "sconosciuto") mette in scena gli errori mortali dell'umanità con una ferocia ed un sadismo incredibile, mettendo in crisi la polizia locale ed in particolare i due poliziotti titolari dell'inchiesta. Il poliziotto giovane è quello più toccato dalla follia del pazzo.

L'ultimo peccato, quello che "chiude" la vicenda, è l'ira; dopo un'analisi superficiale, direi che questo è il "peccato" più bastardo e meno tollerato. Accidia, superbia, gola, avarizia, invidia e lussuria hanno infatti trovato tolleranza, accettazione e talvolta piena accoglienza presso il genere umano: i centri-benessere - oasi pagate per non farci far nulla in totale relax - per l'accidia; ristoranti da cordon-bleu pieni di stelle che nemmeno a San Lorenzo per la gola; le liste VIP in ogni locale per poter dire "io c'ero" - senza badare se il 'dove' o il 'perché' avrebbero urlato vendetta - per la superbia; l'invidia è considerata come sprone, talvolta come pungolo, talaltra ancora diventa una scusa per poter dire falsità alle spalle di qualcuno, con buona pace della coscienza; il fare sesso ad ogni occasione non è più lussuria, ma una sorta di sport, senza i fastidi degli abiti ed accessori High-Tech; l'avarizia forse resta il meno apprezzato: chi è avaro non si permette gli altri peccati/lussi, per cui non godrà del plauso popolare ma non avrà i sensi di colpa dello Zio Scrooge del Canto di Natale di Dickensiana memoria (in realtà, però, l'avarizia è peccato - nell'ambito religioso - solo quando fa sì che non si dia l'obolo per il culto o per i mendicanti).

Ma l'ira...
Quella vera, originale e senza compromessi, l'ira che parte dallo stomaco e come i cerchi nell'acqua arriva tutto attorno, un'onda d'urto ripetuta, fino ad investire qualunque entità si trovi nei pressi e, investendola, crei danni talvolta irreparabili: l'ira non è accettata.
"Ero fuori di me", "ero in bestia", queste sono espressioni correnti che fanno capire come l'ira, al contrario delle sei consorelle sopra nominate, non sia riconosciuta come cosa umana o umana razionale.
In effetti, chi prova (ed agisce con) ira lede sé stesso e (talvolta) gli altri in un modo molto più diretto, visibile ed immediato rispetto a chi mangia tanto, chi fa sesso, chi non fa un beneamato, chi non spende, chi fa mostra di sé o chi vorrebbe potersi mettere in mostra.
Talvolta, però, è necessario buttare fuori la rabbia, la furia; è necessario trovare uno sfogo immediato alla cattiveria propria dell'animale umano, cattiveria a volte dovuta all'incomprensione, al non essere capiti o all'essere fraintesi, dando così la stura ad una repressione che credo sia più dannosa ancora, perché porta all'indifferenza, all'assenza di emozioni verso chi ci circonda.
L'esplosione di un vulcano sommerge tutto con pietra e ceneri incandescenti, lava, lapilli e molti altri simpatici gadgets per chi vince la gara di sopravvivenza. Ma quella devastazione è anche molto, molto fertile, sol che si lasci passare un tempo adeguato. Per questo ritengo utile e fruttifera anche l'ira. Basterebbe riuscire ad incanalarla correttamente, indirizzandola nel modo più opportuno. Forse non sarebbe più la stessa cosa.
Forse non sono soggetto all'ira feroce. Quando mi capita di montar su tutte le furie però riesco - lentamente - a tranquillizzarmi. Al solito, ci vuole la musica. Ad alto volume. Al limite della sopportazione. Al limite massimo dell'ira vera e propria, tanto contro chi l'ha provocata, quanto contro me stesso. Compulsivamente riascolto anche più volte il brano, uno solo, quello di oggi, che a quel punto è divenuta un mantra che placa l'animo.

I Linkin Park, gruppo statunitense con le radici californiane, iniziano il loro percorso nel '96, incanalandosi in una corrente nuova, il 'nu metal' (stesso genere dei Limp Bizkit; anzi, il brano di oggi potrebbe essere, dall'album Chocolate Starfish and the Hot Dog Flavored Water, del 2000, il loro "Take a look around", già parte del film Mission: Impossible 2, ma mi dà meno l'idea di qualcosa che sta per esplodere). I ragazzi diventano subito esponenti di spicco di questo filone, poiché il loro mix Hip-Hop/Rap/Rock cattivo è stato convincente, soprattutto negli albums Meteora e Collision Course. Vedremo con i prossimi.

Buon ascolto

Somewhere I belong

I had nothing to say
And I get lost in the nothingness inside of me
(I was confused)
And I live it all out to find, but I'm not the only person wit these things in mind
(inside of me)
But all that they can see the words revealed is the only real thing that I got left to feel
(nothing to lose)
Just stuck hollow and alone and the fault is my own and the fault is my own

I wanna heal I wanna feel what I thought was never real
I wanna let go of the pain I've felt so long
Erase all the pain til it's gone
I wanna heal I wanna feel like I'm close to something real
I wanna find something I've wanted all along
Somewhere I belong

And I got nothing to say I can't believe I didn't fall right down on my face
(I was confused)
Look at everywhere only to find it is not the way I had imagined it all in my mind
(so what am I)
What do I have but negativity
Cuz I can't trust no one by the way everyone is looking at me
(nothing to lose)
Nothing to gain I'm hollow and alone
And the fault is my own and the fault is my own

I will never know myself until I do this on my own
Cuz I will never feel anything else until my wounds are healed
I will never be anything til I break away from me
I will break away
I'll find myself today

venerdì 6 luglio 2007

Sudoku

Il titolo del post rimanda al gioco-tormentone, ovviamente.
Black Angel ha commentato il precedente post "Estate" con un originalissimo "che fantasia". Forse ha ragione, non era molto fantasioso, come post. Parlava di cose banali, come i ricordi personali e le emozioni...
Cosa c'entrano le due cose? Io credo siano collegate.
Il sudoku è l'ennesimo puzzle di numeri, da 1 a 9, che vanno utilizzati - nella versione classica - per riempire una griglia di 81 caselle, divisa in 9 riquadri di 9 caselle l'una. I numeri devono essere usati una volta sola per ogni riquadro, riga e colonna.
Il gioco utilizza cose trite e ritrite del panorama di giochi con i numeri. Eppure ha successo.
Sono convinto che Black Angel pure abbia successo, con la sua dialettica sopraffina ed il suo ragionare illuminista (non si consideri che - nell'ambito dei blog di Google - al nome Black Angel corrispondano 1434 differenti voci; di readingradio una sola: unico ma poco considerato?!).

Come il sudoku, ognuno di noi è un insieme di banalità e di originalità. L'importante è cercare di capire cosa l'altro proponga di positivo. Altrimenti si corre il rischio di essere delle isole, delle individualità chiuse ed aride. Magari chiacchierando solo con il Wilson di turno. Un po' come l'eroe di Castaway, il film con Tom Hanks.
All'uscita del film nelle sale, il pubblico che lo aveva visto lo aveva valutato come un film noioso. Non ne aveva visto il lato sociale: l'uomo evoluto moderno è spesso solo, perde il contatto con la propria emozionalità, tralascia i rapporti sociali. Dei quali ultimi ha però bisogno, tanto da dover creare un entità altra da sé per poter intrattenere rapporti umani con qualcuno, quando finalmente è "riuscito" a distaccarsi dalla società.
Lo stare con gli altri è una necessità. Il riuscire a stare con gli altri è talvolta un'arte. Il dono è saper apprezzare l'altro.
Black Angel ha commentato laconicamente e con ironia il post. Lo ha commentato, però. Di questo lo/la ringrazio (al di là del sarcasmo d'orgoglio), perché ha inteso farmi capire una mia mancanza, ossia il fatto di non riuscire ad interessare attraverso la scrittura. Per questo mi dovrò sforzare, per migliorarmi e riuscire ad entrare in comunicazione con l'altro, ricercando la lunghezza d'onda dell'altro e non comunicando solo dalla mia.

L'eroe di Castaway naufragava su un'isola deserta, tropicale. Almeno fosse capitato in Jamaica...
Bella terra, la Jamaica, e non solo per questioni, per così dire, botaniche. La cultura jamaicana recente ha dato il reggae, che coinvolge il corpo e l'anima, la parte istintiva. Io vorrei usare sempre anche il cervello ed il ragionamento riflessivo in particolare. Per questo ho scelto la canzone di oggi.

Nel '77 un batterista, un chitarrista ed un bassista costituirono una band un tantino particolare. Il genere di musica da questi prodotta fu poi definito reggae'n'roll. Parliamo dei Police. E ne parliamo dall'ottobre '79, in particolare dall'album (il secondo del gruppo) Reggatta De Blanc, quando già c'era stato un avvicendamento di chitarristi. L'album decreta il successo del trio a livello internazionale. E' interessante, certamente da un punto di vista musicale (per via del genere di musica, per via dei suoni e, secondo me, per la tecnica percussionistica ed il gusto del Sig. Stewart Copeland: il tizio deve nascondere un terzo braccio, sopra quella cintola..!) ma anche da un punto di vista di critica del mondo moderno.

Buon ascolto

Message in a bottle

Just a castaway, an island lost at sea,
Another lonely day, with no one here but me,
More loneliness than any man could bear
Rescue me before I fall into despair,

I'll send an s.o.s. to the world
I'll send an s.o.s. to the world
I hope that someone gets my
I hope that someone gets my
I hope that someone gets my
Message in a bottle, yeah
Message in a bottle, yeah

A year has passed since I wrote my note
But I should have known this right from the start
Only hope can keep me together
Love can mend your life but
Love can break your heart

I'll send an s.o.s. to the world
I'll send an s.o.s. to the world
I hope that someone gets my
I hope that someone gets my
I hope that someone gets my
Message in a bottle, yeah
Message in a bottle, yeah
Message in a bottle, yeah
Message in a bottle, yeah

Walked out this morning, don't believe what I saw
A hundred billion bottles washed up on the shore
Seems I'm not alone at being alone
Hundred billion castaways, looking for a home

I'll send an s.o.s. to the world
I'll send an s.o.s. to the world
I hope that someone gets my
I hope that someone gets my
I hope that someone gets my
Message in a bottle, yeah
Message in a bottle, yeah
Message in a bottle, yeah
Message in a bottle, yeah
Sending out at an s.o.s.
Sending out at an s.o.s.
Sending out at an s.o.s.
Sending out at an s.o.s.
Sending out at an s.o.s.
Sending out at an s.o.s...

lunedì 2 luglio 2007

Estate

Le giornate dal clima mutevole sono giunte anche quest'anno. Le scuole han chiuso i cancelli mentre si aprono i portoni degli amori estivi, quegli amori balneari dal sapore di sale che conservano immutato il loro gusto fin dagli anni '60: aroma di sabbia, crema solare e acqua di mare. Se poi la meta estiva è il mare, cambia solo il cocktail di sapore, mentre l'emozione rimane la stessa.
Il flirt estivo è un must, diciamocelo; se qualcuno non ha mai avuto una storia durante i 90 giorni dedicati all'edonismo ozioso e piacionesco, probabilmente l'ha evitata per scelta.

Questo tipo di amori nascono, crescono e finiscono in breve tempo, fuochi di paglia più o meno grandi e più o meno effimeri. Generalmente lasciano bei ricordi, piacevoli (almeno per quel che ho vissuto), in ciò facilitati dall'atmosfera generale che il periodo concede.
Qualche fuoco lascia però un segno che non se ne va più (gli amici Negramaro, nel brano Estate cantano: "e intanto il tempo passa e tu non passi mai"). Non fa male, anzi è una piccola piaghetta che fa pure piacere sentire dentro. Si tratta certo di un piacere melanconico, ma che in qualche strano modo ci gratifica.
E' proprio il periodo a permettere questo, complice anche la 'vacanza', cioè l'assenza di impegni-incombenze-pesudodoveri morali/materiali e consimili, i quali limitano il campo d'azione del cuore e impongono la dittatura del cervello. Pertanto viva l'estate, viva la salubre leggerezza che questa stagione ci porta, viva!!!

Personalmente sono affezionato al ricordo di un'estate, quella del 1998: località tranquilla, divertimenti sani, poca apparenza ostentata e molta attenzione alla sostanza delle persone, di ogni singola persona con cui si aveva a che fare. Chitarra, bongos, canzoniere e le stelle a far da lampade. Labbra che si sfiorano furtive nel cuore della canzone, trattenendo presso di sé il piacere di un momento tanto fugace, ma così confondibile con l'eternità...
La canzone. Già, la canzone è tutto quello che vi posso consegnare oggi, per rendervi partecipi di quegli attimi.

Loro sono i Michael Learns To Rock, trio pop rock (udite udite) danese, nata nel 1988, con undici albums all'attivo (di cui un doppio Greatest Hits nel '99); in Italia sono sostanzialmente ignoti al grande pubblico, a meno che non si nomini un certo amaro, la cui pubblicità era accompagnata da una loro canzone. Sia questa il meglio che abbiano mai fatto oppure no, poco importa: il brano è lo stesso (i pubblicitari però lo hanno messo attorno al 2002 negli spots!) e l'importante e che susciti emozioni, che riesca - novello e benevolo Caronte - a traghettare i ricordi piacevoli dal ripostiglio dove sono fino alla vetrina del nostro cuore.

Dall'album Played On Pepper, del 1995, vi "regalo"

Someday

In my search for freedom
and peace of mind
I've left the memories behind
Wanna start a new life
but it seems to be rather absurd
when I know the truth
is that I always think of you

Someday someway
together we will be baby
I will take and you will take your time
We'll wait for our fate
cos' nobody owns us baby
We can shake we can shake the rock

Try to throw the picture out of my mind
try to leave the memories behind
Here by the ocean
wave's carry voices from you
Do you know the truth
I am thinking of you too

Someday someway
together we will be baby
I will take and you will take your time
We'll wait for our fate
cos' nobody owns us baby
We can shake we can shake the rock

The love we had together
just fades away in time
And now you've got your own world
and I guess I've got mine
But the passion that you planted
in the middle of my heart
is a passion that will never stop